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mercoledì 12 marzo 2014

GUARDA GANZO, È FINITO GANTZ


Erano i primi giorni del gennaio 2011. Deambulavo euforico tra gli scaffali di una sconfinata libreria dedicata al fumetto nel cuore di Ikebukuro, quartiere di Tokyo. Cercavo i tankobon dei manga con i quali ero cresciuto, magari qualche numero 1 di un classico, da sistemare nella teca del mio studiolo e da adorare segretamente. Robe da nerd. Trovai un sacco di belle cose ma non riuscivo a decidermi su quali comprare, non che mi fosse rimasta tanta pilla verso la fine del viaggio. Finchè non mi venne in mente Hiroya Oku il tettomane: le action figures di Gantz non le avevo trovate e mi ero dovuto accontentare del Jojo meno femminiello (Josuke), mentre in realtà io volevo Kishimoto e le sue tette budinose. Perciò pensai di ripiegare su Gantz Minus che all'epoca era uscito nel solo Giappone. Tra parentesi, in quei giorni i cinema tokyesi proiettavano il film di Gantz, in anteprima. Comunque, visto che non c'era modo di orientarsi in quel suq di carta ed emozioni, mi rivolsi all'omino della cassa:
"Sorry, where i can find Gantz"
"Ganz?"
"Gantz!"
Il commesso si corruccia, si perplime, probabilmente vorrebbe trovarsi altrove. Forse odia i gaijin.
"Gantz it's a manga by Hiroya Oku" faccio io.
"AAAH, GANZO!" fa lui risoluto, poi trotterella verso uno scaffale poco lontano, seguito dal sottoscritto.
Alla fine mi sa che non comprai nulla, in quella libreria lì. Gli unici fumetti che acquistai durante il viaggio furono alcuni squallidi pornazzi da conbini. Li utilizzai in seguito per la creazione di un fallimentare découpage, realizzato ritagliando prima con pazienza certosina le zinnute figurine (al solito grondanti umori vaginali), appiccicandole poi su una superficie con una colla di qualche tipo, e infine ricoprendo il collage con una vernice vetrificante che ha generato solo bozzi e chiazze e insomma tutto da buttare. Gli esperti dicono che era sbagliata la vernice, ma vallo a sapere quando fai del porno bricolage.
Tre anni dopo questi eventi, Gantz è bell'è concluso anche da noi. Minus l'ho comprato, giace in libreria alla fine dei 37 volumi dell'opera originale, seguito dai dieci volumi italiani di I am a hero (un bel manga di cui vorrei parlare qui, prima o poi). 13 anni di vita editoriale non sono mica una sciocchezzuola.
Che schifo cazzo. Siamo fatti di carne, ossa e sangue e appena morti iniziamo a decomporci. Eppure a Tokyo un'entità misteriosa concede a giovani e vecchi, donne e bambini appena morti il lusso di risorgere in una stanza dove si trova una grossa sfera nera. La sfera nera inizia a impartire ordini: dovete uccidere tizio caio e ciccio, avete tot tempo. La sfera si apre rivelando un arsenale di armi sciffì e costumi attillatissimi da cosplayer wannabe. Nudi o vestiti, gli ospiti vengono teletrasportati verso destinazione ignota senza alcun preavviso. E la caccia inizia...
Questo è il plot di Gantz, sintetizzato per voi dai laboratori Cutter.
(Oh, mi sono ricordato che una volta andai a cercarne un volume che mi mancava nelle bancarelle vicino alla stazione Termini, quelle dove si vendono libri e fumetti di riciclo. Quando chiesi al negoziante se avesse qualche numero di Gantz, mi rispose: "Che gantz vuoi!". Fine umorista. Forse sono io che lo pronuncio male).
La ricetta di Oku per questo seinen spettacolare è (quasi) sempre stata: azione al tritolo, tsunami di gore, protagonisti minchietta, protagoniste arrapanti spesso nude e crude e porche.
E i nemici più belli, grossi e spaventosi che siano mai stati concepiti.
Altro ingrediente interessante sono i reiterati capovolgimenti del racconto, una serie di twist acrobatici e molto spericolati che mantengono (almeno nella prima metà della serie) vivo l'interesse del lettore. L'autore ha continuato a sovrapporre senza freno nuovi e affascinanti misteri in ogni capitolo, senza preoccuparsi di contrarre quella che ormai è conosciuta come la sindrome di Lost: se non hai chiaro in mente come finirà, cazzo continui a ingarbugliare le trame?
E così sul finale, quando si trattava di quagliare con un climax dignitoso o perlomeno all'altezza della prima tranche, la formula escogitata da Oku rivela al mondo tutta la sua fragilità. Esaurita la spinta misteriosa, l'azione svilita a qualche über papagna di quando in quando, persino coi disegni svogliati e tirati via, Gantz si spegne su un plot da videogioco 8 bit, si accartoccia sulla morale del vetusto Zambot 3 (l'ha detto l'autore!) e si rimangia tutte quelle promesse di rivelazioni sconvolgenti che mi avevano fatto sperare nel manga seinen definitivo. Forse perchè nel frattempo aveva fatto uscire La mia Maetel, il sospetto che Oku si fosse bevuto il cervello si stava materializzando beffardo. Come puoi conciliare un talento votato all'azione violenta con un lagnuso racconto di formazione sessuale hikikomori? Ed è forse un caso che il manga si tinga progressivamente di rosa man mano che avanza verso il nero oblio della fine? Una cosa bisogna riconoscere però: l'autore non cede fino in fondo alle lusinghe dell'ovvietà, decidendo di consegnare lo scettro di regina comprimaria alla bruttina della serie, Tae. Senza tette, senza culo, senza espressione. Una scelta coraggiosa che stimo. Seriously.
Di Gantz mi rimarranno impressi i primi cinque traumatici numeri, la dicotomia boobs & blood, i decessi improvvisi dei protagonisti che manco R. R. Martin nei suoi sogni bagnati; i vampiri che ribaltano Ikebukuro, il giapponegro che sforacchia migliaia di passanti, contrastato da due adepti dei Wachowski; l'ipertrofico citazionismo, le continue strizzate d'occhio all'iconografia pop occidentale. E molte altre meraviglie che fate prima a leggerlo, lo consiglio senza remore nonostante lo scivolone in dirittura di arrivo. Che scrivere un buon finale è un lavoro mica da ridere.

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