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martedì 19 novembre 2013

AA.VV. IL MEGLIO DI SPLATTER



Il nuovo monolito Rizzoli Lizard ha tre caratteristiche fondamentali che gli permettono di farsi notare tra le novità esposte in fumetteria: il prepotente formato 21x28, la copertina di Marco Soldi, ma soprattutto il logo Splatter a caratteri cubitali forgiato sul tipico font della leggendaria testata. E così ho già il portafoglio in mano e sto contando 25 euro, colto da febbre malarica al pensiero di rileggere rubriche e storie che più di venti anni fa mi avevano rubato il cuore. Di sfuggita, mentre il commesso insacca l'acquisto, leggo in copertina che Dario Argento ha scritto l'introduzione e d'istinto ho un ripensamento. Valà - penso - è solo un'intro del menga che non potrà disturbare le dolci letture che mi attendono nel rustico tepore del mio salottino. Disturbare non disturba, epperò il Darione riesce a fallire anche scrivendo quattro righe celebrative, rimembrandoci di quando lui aveva creato una sua linea di fumetti (Profondo Rosso, formato bonelliano, brutta brutta), confondendosi tra ovvietà ed off-topic. Siccome quando acquisto un libro di siffatto tamaño me lo devo leggere tutto, comprese le note di produzione e l'indirizzo della casa editrice, mi infliggo in fretta e furia la breve lettura, giro ancora qualche pagina e inizia la magia. Si parte col maestro Micheluzzi e il racconto Pezzi da esposizione, perfetta sintesi della verve cinica e brutale che contraddistingue i migliori racconti della testata. Diciamolo, a scanso di equivoci: non tutte le storie selezionate dallo staff Rizzoli sono così ben riuscite. Ricordo, avendo consumato la collezione originale (che ahimè rivendetti al mercato nero in cambio di un tocco di fumo), diverse perle qui trascurate in favore di storie a mio giudizio poco rappresentative: Buone vacanze, Il primo tram e Gli occhi della bambola per esempio, che rilette ora appaiono davvero ingenue e senza sugo. Comunque, nel mucchio risplende senza dubbio Self-service, di Ferrandino e Brindisi, un racconto vagamente ispirato a L'arte di sopravvivere di Stephen King (pubblicato sulla raccolta Scheletri). Bel concentrato di ferocia e sberleffo, narra di un tizio talmente in fotta con sé stesso da considerare lurido e infetto il resto dell'umanità. Visto che ormai non si nutre più normalmente per paura dei microbi, scopre che il pasto ideale per un grand'uomo come lui non può essere che... la sua stessa carne. Dà il via così a un grottesco banchetto, partendo da un pollice del piede alla piastra, molto buono ma poco nutriente; armato di sega e anestetici, il povero coglione si taglia via la gamba fino al ginocchio, e poi su fino all'inguine. Intanto in cucina si diletta con brasati, tartara e wellington, continuando a segare prima l'altra gamba e infine un intero braccio. Rimasto a corto di arti e bloccato a letto in uno stato di semiputrefazione, decide da brava massaia di buttarsi nella spazzatura. E naturalmente il suo ultimo pensiero è: "che spreco tutto questo ben di dio..."
 La lettura dura un paio di minuti, ma con robusta concentrazione di dettagli gore. Davvero succulenta, per restare in tema. Parlando di Bruno Brindisi, non si tratta dell'unico fumettista reclutato in seguito da Sergio Bonelli Editore, giusto per chiarire quanto Splatter sia stata una buona palestra di futuri talenti quali Luigi Siniscalchi, Nicola Mari, Marco Soldi, Roberto De Angelis, Enea Riboldi, Giancarlo Caracuzzo (Alessandrini, Roi e il compianto Micheluzzi erano nello staff già da tempo) solo per citare i disegnatori. Ne ho dimenticato qualcuno?
Dalla miniserie Fiabe scannate è stata riproposta solo Cappuccetto rosso (di Ferrandino, Salvatore e Soldi), così come Primi delitti è rappresentato da Il tacchino vuole giocare (Di Orazio, Perrone e Soldi). Ottime storie, ironiche e feroci, nonostante lo scarso dispendio di plasma, strano eh? Come non citare infine Dolce (di Ferrandino e Siniscalchi), dove una coppia di gemelli cicciosissimi viene ingozzata ad libitum da un'avida mammina per sfruttarli come fenomeni di una serie televisiva. Ma la vendetta è un piatto che va gustato, punto.
  Splatter non era solo fumetti, ma anche rubriche e approfondimenti. Come Black & Decker, il manuale del fai-da-te dove si spiegavano le ricette dei maestri del cinema gore. Cercate di capire, all'epoca non è che ci fosse tutta sta gran cultura sul tema, e all'avvento dell'Internet mancava ancora un lustro o pressapoco. I fan si facevano i rasponi su Freddy Krueger, Leatherface, l'Esorciccio, Jason Voorhees e poco altro. Mentre negli Stati Uniti impazzava Fangoria qua da noi il genere veniva liquidato come semplice spazzatura nauseabonda. Splatter se ne usciva con pezzi meravigliosi su come costruirsi cadaveri squartati, su come far gonfiare la gola a una creatura, ti raccontava come usciva il Chestburster dall'addome di John Hurt spiegandoti i trucchi nel dettaglio. Come non amarli? Divoravo avidamente quelle pagine proibite, sperando che la mamma non trovasse le riviste, nascoste sotto il letto come volgari pornazzi. Oltre al momento didattico, ogni mese un approfondimento si occupava degli aspetti più reconditi della cultura splatter: indagini su casi spaventevoli realmente accaduti, racconti scellerati, interviste, analisi critica di materiale originale. Proprio in uno di questi articoli, peraltro presente nel volumone Rizzoli, venni a conoscenza del bestiale Urotsukidoji: Legend of the Overfiend, un Cultone Animato che riuscii a vedere solo anni dopo, quando i vhs costavano 45mila lire e il trend di manga e derivati stava definitivamente per decollare. Roba delirante per l'epoca, recensire un kaiju/tentacular rape estremo dove cazzi giganti distruggono le metropoli a sborrate, demoni e bestie vanno in giro tranquilli a stuprare, squartare, evirare, il tutto rappresentato senza la trista censura degli organi genitali maschili e femminili. All'epoca non potevo saperlo, nè immaginavo che la violenza potesse essere rappresentata in modi così esotici e creativi, ma presi nota e tirai avanti finchè non riuscii a mettere le mani sull'opera in questione. E allora fui davvero grato a Splatter, per avermi messo sulla via dell'insalubre cultura horror orientale.
 Splatter fu oggetto di persecuzioni et similia, tuttavia vi risparmierò il pistolotto sul moralismo di una classe dirigente che, partendo da un'interrogazione parlamentare, portò alla chiusura delle testate Acme e alla condanna per istigazione a delinquere di alcuni suoi collaboratori. E' comunque interessante leggere un articolo dell'Espresso a cura di Roberto Cotroneo dal titolo Che horror!, riportato per intero nell'edizione Rizzoli. Il giornalista, palesemente ostile alla materia, si spreme nell'infliggere parabole morali a lettori e redattori, buttando nel mucchio tutti i fumetti che all'epoca trattavano l'horror (probabilmente non immaginando il suo roseo futuro), alternando approcci psicoanalitici alquanto discutibili (con tanto di box curato dalla "specialista") ad una visione manichea come non se ne vedeva dai tempi del naufragio della gloriosa E.C. Oggi un articolo del genere verrebbe liquidato con un sonoro pfui, ma all'epoca quotidiani e riviste nazionali agirono compatti contro la minaccia alla psiche dei giovini virgulti della patria, con titoloni subnormali che manco Cronaca Vera in stato di grazia. Almeno sappiamo chi dobbiamo ringraziare per quella caccia alle streghe.
 Nel volume sono inoltre presenti tutte le splendide copertine di Marco Soldi più un'autentica pagina della posta vergata col sangue e giunta all'epoca in redazione. Ultima nota tecnica negativa per la qualità altalenante della stampa e i bozzi che ho trovato sulla copertina, mannaggia alla febbre tropicale che mi coglie quando sbavo in libreria davanti agli amarcord. Per il resto, si tratta di un volume imperdibile per i nostalgici dell'epoca d'oro del fumetto horror italiano, o per le nuove leve che si abbeverano al ripulito filone contemporaneo e ignorano le origini, ma anche per i semplici appassionati del genere alla ricerca di storie ben scritte e disegnate. Se invece non avete svenduto la collezione originale perchè avevate le pezze al culo, potete anche farne a meno e continuare a consumare quella!

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